martedì 17 giugno 2008

Analizzare fino ad arrivare all'osso (di seppia) di una poesia montaliana

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

[da Ossi di seppia, 1925]





METRO: Due quartine di endecasillabi, tranne l'ultimo verso che è un settenario doppio.

Questo testo può essere additato come esemplare della poetica montaliana del correlativo oggettivo, cioè del rapporto che la parola stabilisce con gli oggetti da essa nominati.
Il primo verso introduce, con un'espressione divenuta proverbiale ("male di vivere"), il male connaturato alla vita, secondo una concezione d'ascendenza leopardiana. Il movimento va dal soggetto alla realtà, dall'astratto al concreto: il poeta usa infatti un verbo ("ho incontrato") che materializza il concetto, personificandolo, cioè presentandolo quasi come una presenza reale e fisicamente tangibile.
Negli altri tre versi della prima quartina, infatti, il "male di vivere" non viene evocato attraverso similitudini, in un senso metaforico o analogico, ma si identifica direttamente ("era") con gli oggetti che lo rappresentano, tratti rispettivamente dal regno animale e vegetale: "il rivo", "la foglia", "il cavallo", colti in un momento di precarietà e dolore, come sottolineano gli aggettivi ad essi collegati: "strozzato", "riarsa", "stramazzato". Il malessere esistenziale del poeta prende dunque corpo nella realtà naturale.
Ma dedichiamo un po' di attenzione a queste tre immagini.
Riferito a "rivo", "strozzato" significa impedito nel suo corso da qualche strettoia. Ma strozzato è evidentemente più violento che impedito per l'implicazione semantica antropomorfica. E allo stesso modo in "gorgoglia" traspare il lamento di una creatura viva.
La foglia è "riarsa" (e perciò si accartoccia) dalla calura, dall'arsura, che rimanda al consueto tema montaliano dell'aridità esistenziale che si rispecchia, oggettivandosi, nella natura.
Il cavallo è "stramazzato", cioè stroncato dalla fatica, un'esperienza tipicamente umana.
La struttura semantica dei correlativi oggettivi è sottolineata, sul piano del significante, dall'iterazione di suoni aspri (la /r/ e la /s/ in particolare) in parole di intensa espressività: "strozzato", "gorgoglia", "incartocciarsi", "riarsa", "stramazzato".

Nella seconda quartina, in opposizione al "male di vivere" che si manifesta negli aspetti più comuni della natura, Montale afferma (ma senza condividere tale soluzione) che l'unico "bene" per l'uomo consiste nell'atteggiamento di "indifferenza" per tutto ciò che è segnato dal male e dal dolore. E tale "indifferenza" è detta "divina" perché è propria della divinità nella concezione stoica. L'apatheia, l'apatia, è propriamente l'indifferenza e addirittura il disprezzo delle emozioni, il distacco dal mondo. Perciò essa "schiude" (cioè permette, procura) il "prodigio" (il miracolo) dell'unico "bene" concesso all'uomo.

Ai tre emblemi del "male" si contrappongono simmetricamente, nella seconda quartina, tre correlativi oggettivi di questa specie di "bene": " la statua", "la nuvola" e il "falco". La tripartizione, però, non è qui scandita dalla triplice anafora di "era", ma viene nettamente scandita dalle virgole e dal polisindeto ("e... e..."). Diverse, nelle tre immagini, sono le modalità dell'"indifferenza", in cui parrebbe (ma senz'altro non per Montale) consistere l'unico scampo al "male di vivere": la statua si caratterizza per la sua fredda, marmorea insensibilità; la nuvola e il falco perché si levano alti al di sopra della miseria del mondo.

2 commenti:

Serusuke ha detto...

amarilè, ma dubbarzellette zozze no, eh?
hihihi! ciao S.

Marilena ha detto...

Maronna mia quanto so' INTELLETTUALAAAAAAAAA!!!!!