lunedì 18 febbraio 2008

Il popolo romano dell'Ottocento: la verità nuda e sfacciata del Belli


(Francisco Goya - Los Proverbios)

"LA BBONA FAMIJJA" Giuseppe Gioacchino Belli


Mì nonna a un'or de notte che vviè Ttata (babbo)
se leva da filà, ppovera vecchia,
attizza un carboncello, sciapparecchia,
e mmagnamo du' fronne d'inzalata.

Quarche vvorta se famo una frittata,
che ssi la metti ar lume sce se specchia (è trasparente)
come fussi a ttraverso d'un orecchia:
quattro nosce (noci), e la scena è tterminata.

Poi ner mentre ch'io, Tata e Ccrementina
seguitamo un par d'ora de sgoccetto, (a bere)
lei sparecchia e arissetta la cucina.

E appena visto er fonno ar bucaletto, (del piccolo boccale)
'na pisciatina, 'na sarvereggina, (un Salve Regina)
e, in zanta pasce, sce n'annàmo a lletto.



La discesa nel personaggio "popolo" comportava di necessità l'adozione totale della sua parlata e questa operazione fu per il Belli (che frequentava accademie e componeva versi arcadici) tutt'altro che indolore.
Il romanesco era un'idioma esclusivamente subalterno, usato solo dalla plebe: sceglierlo significava dunque trasferirsi integralmente nelle strutture mentali e culturali della "turba", la quale si sa è disordinata, instabile e incoerente.
Il Belli, come nessun altro scrittore realista italiano seppe attuare in pieno l'ardua MIMESI, riuscendo a far emergere un'intera realtà e umanità, quanto mai varia e contraddittoria, attraverso le sole categorie logiche del popolano.
Stessa operazione sarà compiuta anni dopo, con lo stesso dialetto dal grande Pier Paolo Pasolini.

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